Il Lophopsittacus mauritianus, detto anche “pappagallo corvo”, ha popolato fino al XVII l’isola di Mauritius, nell’arcipelago delle Mascarene.
La struttura e l’aspetto di questo pappagallo ormai estinto da trecento anni possiamo desumerla dai fossili ritrovati, dalle descrizioni pervenuteci dai navigatori e colonizzatori dell’epoca e dall’illustrazione riportata dalla rivista Gelderland, ripresa da Walter Rothschild in un libro del 1907, che mostra il pappagallo con il piumaggio interamente blu-grigio.
Il cranio era di forma leggermente schiacciata e le creste osseee indicano che il vistoso ciuffo sulla fronte, a differenza di quello dei cacatua, non era erettile ma fisso. La coda era molto lunga, mentre le ali si presentavano piuttosto corte e poco sviluppate, il che lascia pensare che questo pappagallo non fosse un buon volatore.
Il becco si presentava particolarmente grande e ricurvo (e di qui il nome comune dell’uccello), ma dall’analisi dei resti ritrovati si è dedotto che non fosse particolarmente forte, al pari di quello dei cacatua che oggi conosciamo. Probabilmente l’evoluzione di questo psittacide aveva sviluppato un becco adatto a spolpare la frutta matura più che a misurarsi con gusci di noci particolarmente duri.
Il tambalacoque è un albero endemico dell’isola di Mauritius che purtroppo ora sta scomparendo, a causa del fatto che si sono estinti gli uccelli che, mangiando i suoi frutti, consentivano l’ottimale maturazione e distribuzione dei semi grazie al loro processo digestivo.
I tambalacoque rimasti hanno infatti tutti un’età non inferiore ai 300 anni, proprio perchè gli uccelli che consentivano loro di riprodursi si estinsero 300 anni fa. Si è sempre ipotizzato che tale funzione fosse stata svolta dal famoso uccello dodo, ma recenti studi hanno affermato che, al contrario, tale ruolo fosse stato sempre ricoperto dal lophopsittacus e non dal dodo.
Le cause dell’estizione del pappagallo dal becco grosso sono direttamente attribuibili alla colonizzazione dell’isola da parte degli olandesi, iniziata nel 1598. La caccia, la distruzione progressiva dell’habitat ma soprattutto l’introduzione sull’isola di predatori come cani, maiali e ratti determinarono una rapida distruzione di tutti i nidi e la scomparsa del lophopsittacus.